ISTITUTO “E. FERMI” PERUGIA

REGIONE UMBRIA

Corso per

MASSAGGIATORI- MASSOFISIOTERAPISTI

Tesi di diploma

GONARTROSI

Diplomando: Pietro Garavini

Perugia 2019- 2020

INDICE

INTRODUZIONE                                                               Pag. 3

CAPITOLO 1                                                                     

Anatomia del Ginocchio                                                  Pag. 4

Articolazioni del Ginocchio                                             Pag. 7

Legamenti del Ginocchio                                                 Pag. 13

Muscoli del Ginocchio                                                      Pag. 15

CAPITOLO 2                                                                     

Gonartrosi                                                                         Pag. 25 

CAPITOLO 3                                                                    

Caso Clinico                                                                       Pag. 27

Diagnosi Medica e Referti diagnostici                            Pag. 27

Test del Ginocchio                                                             Pag. 29

CAPITOLO 4

Protocollo medico                                                              Pag. 33

Protocollo Massofisioterapico                                          Pag. 33

Tecarterapia                                                                      Pag. 39

CONCLUSIONI                                                                    Pag. 41

BIBLIOGRAFIA                                                                   Pag. 42

INTRODUZIONE

Scopo di questa tesi è dimostrare come l’osteoartrosi ed in particolare la gonartrosi traggono giovamento da una diagnosi  posta in fase iniziale della malattia e da terapie combinate; mi riferisco all’uso di cure tradizionali allopatiche  terapie omeopatiche, massaggi, riflessologia plantare e terapie fisiche.

CAPITOLO 1

ANATOMIA del GINOCCHIO

OSSA

FEMORE

Il femore è osso più lungo e più pesante del corpo.

Distalmente, si articola con la tibia della gamba nell’articolazione del ginocchio. L’epifisi prossimale, rotondeggiante o testa del femore, si articola con la pelvi a livello dell’acetabolo. Un legamento stabilizzante si inserisce sulla testa del femore a livello di una depressione, la FOVEA CAPITIS o fossetta della testa.

Distalmente alla testa, il COLLO si unisce al corpo formando un angolo di circa 125°. Il Corpo è massiccio e resistente ma presenta una curvatura lungo asse longitudinale.

Questo arco facilita la sopportazione del peso e viene enormemente esagerato se lo scheletro si indebolisce.

Il GRAN TROCANTERE si proietta lateralmente dal punto in cui il collo si unisce al corpo.

Il PICCOLO TROCANTERE si origina sulla superficie postero-mediale del femore, mentre sulla superficie anteriore del femore, una rilevata LINEA INTERTROCANTERICA segna il limite distale della capsula articolare. Questa linea si continua sulla superficie posteriore, passando al di sotto dei trocanteri come CRESTA INTERTROCANTERICA.

La LINEA PETTINEA mediale e la TUBEROSITA GLUTEA laterale si trovano al di sotto della cresta intertrocanterica, e rappresentano il punto di inserzione dei muscoli pettineo e grande gluteo.

la LINEA ASPRA è una cresta prominente che decorre al centro della superficie posteriore del corpo femorale e costituisce la zona di inserzione dei potenti muscoli che adducono il femore

(muscoli adduttori). Distalmente, la Linea Aspra  si divide in due:

CRESTA SOPRACONDILOIDEA Mediale  e  CRESTA SOPRACONDILOIDEA Laterale, e delimitano un area triangolare, che è la Superficie POPLITEA.

Il ramo sopracondiloideo mediale termina in un rilievo rugoso, il TUBERCOLO ADDUTTORIO al di sopra dell’epicondilo mediale. Il ramo laterale termina a livello dell’Epicondilo Laterale.

I CONDILI MEDIALE e LATERALE, lisci e rotondeggianti si trovano distalmente dagli epicondili, ed continuano attraverso la superficie inferiore del femore, sulla faccia anteriore.

La SUPERFICIE PATELLARE è una superficie articolare liscia con margini laterali rilevanti, sulla quale scivola la patella. Sulla superficie posteriore i due condili sono separati da una profonda FOSSA INTERTROCANTERICA.

PATELLA (ROTULA)

La patella è un voluminoso osso sesamoide che si forma all’interno del tendine del muscolo quadricipite femorale.

La patella ha una forma simile ad un triangolo, ha una superficie anteriore convessa e rugosa, un ampia base superiore e un apice grossolanamente appuntito.

La superficie rugosa e l’ampia base costituiscono il sito di inserzione del tendine del quadricipite (superficie anteriore e superiore) e del legamento patellare (superficie anteriore e inferiore).  Il legamento patellare va dalla patella alla tibia.

La superficie patellare presenta due FACCETTE CONCAVE, mediale e laterale, in cui si inserisce l’articolazione dei condili mediale e laterale del femore.

La patella rinforza i tendini del quadricipite aumentandone la forza di contrazione e protegge la superficie anteriore dell’articolazione del ginocchio.

TIBIA

La tibia è il voluminoso osso mediale della gamba. L’estremità prossimale della tibia è espansa, distesa ed è costituita dai condili mediali e laterali, da un area intercondiloidea e dalla tuberosità tibiale. I CONDILI MEDIALI e LATERALI del femore si articolano con i condili mediale e laterale dell’estremità prossimale della tibia; i condili sono visibili e palpabili a lato del tendine patellare.

Il tubercolo del Gerdy si trova sul condilo laterale della tibia.

Il PIATTO TIBIALE è la superficie superiore dei condili mediali e laterali dell’estremità prossimale della tibia; si presenta come una regione liscia: l’assenza di ruvidità è fondamentale per la corretta mobilità del ginocchio; il piatto tibiale viene diviso in piatto tibiale mediale e piatto tibiale laterale separati  dall’area intercondiloidea; il piatto tibiale mediale corrisponde alla superficie superiore del condilo tibiale mediale ed è più largo di quello laterale; il piatto tibiale laterale è la superficie superiore del condilo tibiale superiore

L’EMINENZA INTERCOLDILOIDEA: è una cresta che separa  i condili mediali e laterali della tibia; ed su eminenza intercondiloidea si trovano due Tubercoli, Mediale e Laterale.

TUBEROSITA TIBIALE: è sporgente e rugosa e si trova sulla superficie anteriore della tibia, in prossimità dei condili; può essere facilmente palpata al di sotto della cute della gamba, e da l’inserzione al legamento patellare. Il Margine Anteriore si trova distalmente dalla tuberosità tibiale e si estende lungo la superficie tibiale anteriore. Il margine laterale della diafisi è il MARGINE INTEROSSEO, sul quale si impianta una guaina di collagene che si estende fino al margine mediale della fibula. Distalmente, la tibia si assottiglia e il margine mediale termina  in un voluminoso processo, il MALLEOLO MEDIALE.

La superficie inferiore della tibia forma un articolazione a cerniera con l’astragalo. La superficie posteriore della tibia presenta un cresta obliqua e rugosa che si estende dall’ alto verso il basso, dalla faccetta fibulare al margine mediale e prende il nome di LINEA POPLITEA o linea obliqua della tibia; rappresenta la zona di inserzione di numerosi muscoli della gamba, compresi il popliteo e il soleo.

FIBULA

La fibula è un osso sottile parallelo al margine laterale della tibia. La testa  della fibula si articola con il margine laterale della tibia, sulla superficie postero-inferiore del condilo laterale. Il margine mediale del corpo è unito alla tibia dalla Membrana Interossea della gamba(Membrana Interossea Crurale), che si trova tra i MARGINI INTEROSSEI tra la tibia e la fibula.

La Membrana Interossea aiuta a stabilizzare la posizione dei due legamenti scheletrici e fornisce un ulteriore superficie per l’inserzione di muscoli.

La fibula non partecipa all’articolazione del ginocchio, ma costituisce una sede importante per l’inserzione di muscoli.

Lateralmente all’articolazione della caviglia si trova un processo definito MALLEOLO LATERALE che fornisce stabilita alla caviglia, prevenendo lo scivolamento mediale della tibia attraverso la superficie dell’astragalo.

ARTICOLAZIONI

Il ginocchio è articolazione sinoviale più grande del corpo umano.

È un articolazione costituita da 3 compartimenti funzionali che formano un articolazione a ginglimo dinamica e specializzata. Durante la propulsione, il ginocchio è in grado di resistere a notevoli carichi mentre esegue movimenti di precisione, fornendo un meccanismo stabile ma fluido per una locomozione bipede relativamente efficiente.

l’articolazione del ginocchio insieme alle articolazioni dell’anca e della caviglia, sostiene il peso del corpo nel corso di una serie di attività come: stare in piedi, camminare e correre.

Tuttavia l’articolazione del ginocchio deve provvedere a questo supporto nonostante presenti la maggiore ampiezza di movimento (160 gradi) rispetto a tutte le altre articolazioni dell’arto inferiore, sia priva della grande massa muscolare che sostiene e rafforza l’articolazione dell’anca e sia priva dei robusti legamenti che sostengono l’articolazione della caviglia.

Il ginocchio funziona come un ginglimo(è un articolazione Monoassiale, che permette movimenti angolari su un singolo piano(es: quando si apre e si chiude una porta) cioè i condili femorali, rotondi scorrono sulla superficie superiore della tibia, determinando un continuo cambiamento dei punti di contatto.

Il ginocchio è molto meno stabile rispetto agli altri ginglimi, ed oltre ai movimenti di flessione ed estensione, e consentito un certo grado di rotazione.

Da un punto di vista strutturale, il ginocchio è composto da due articolazioni comprese all’interno di una complessa capsula articolare: Articolazione Tibio-Femorale (tra la tibia e femore) e altra l’Articolazione Patello-Femorale (tra la patella e altra superficie patellare del femore).

CAPSULA ARTICOLARE

La capsula articolare del ginocchio è formata da due formazioni fibrocartilaginee cioè: Menischi Laterali e Mediali, che si trovano tra le superfici articolari della tibia e del femore, ed Agiscono da ammortizzatori.

àsi adattano alla forma delle superfici articolari durante i cambiamenti di posizione del femore.

àincrementano l’area di superficie dell’articolazione tibio-femorale.

àforniscono stabilità laterale all’articolazione.

Intorno ai margini dell’articolazione sono presenti Cuscinetti di Tessuto Adiposo che cooperano con le borse per ridurre l’attrito tra la patella e gli altri tessuti.

ARTICOLAZIONE FEMORO-TIBIALE (Tibio-Femorale)

È costituita dalle facce convesse dei due condili femorali e dalle facce concave della tibia. Più precisamente la tibia presenta la faccia mediale di forma ovalare e pianeggiante e la faccia laterale di forma quasi rotonda e lievemente concava.

Fra la superficie femorale e superficie tibiale, oltre alla cartilagine ialina che le ricopre entrambe sono poste due formazioni connettivali i menischi costituite da fibre collagene, oltre a cellule di tipo cartilagineo che aderiscono alle facce articolari tibiali.

Fra le due facce tibiali è interposta una zona ossea irregolare detta eminenza intercondiloidea.

L’articolazione è un ginglimo angolare ma la presenza delle due faccette la rende simile a due articolazioni condiloidee: 2 gradi di liberta che permettono flesso-estensione e rotazione.

l’articolazione tibio-femorale è un articolazione sinoviale complessa.

La superficie tibiale prossimale(piatto tibiale) è inclinata verso il basso e indietro. Il piatto tibiale offre una faccetta articolare mediale e una laterale per l’articolazione, con il corrispondente condilo femorale. La superficie posteriore mostra un solco orizzontale rugoso su cui si inseriscono la capsula e la porzione posteriore del legamento collaterale tibiale. La superficie  anteromediale del condilo tibiale è una striscia rugosa separata da un’ impercettibile cresta, dalla superficie mediale della diafisi tibiale.

il retinacolo patellare mediale(legamento alare) si inserisce lungo la superficie anteriore e mediale, sul condilo tibiale mediale.

La superficie articolare mediale è ovale e più lunga della superficie articolare laterale. Nella metà posteriore la superficie è piatta, mentre nella meta anteriore è inclinata verso l’alto di circa 10° gradi.

Al di sopra di una piccola faccetta circolare per l’articolazione con la fibula, il condilo tibiale laterale sporge dalla diafisi indietro e lateralmente.

La superficie articolare laterale è circolare e si adatta al menisco.

La superficie articolare risulta piuttosto convessa cosicché quando il condilo femorale laterale è in sede, si forma una cavità triangolare, sia anteriormente che posteriormente, nei quali alloggiano i corni anteriori e posteriori del menisco.

I margini articolari della superficie sono affilati, eccetto posteriormente, dove il bordo è arrotondato e liscio ed è a contatto con il tendine del muscolo popliteo.

ARTICOLAZIONE FEMORO-ROTULEO

(Patello-Femorale)

È un ginglimo angolare.

È costituita dalla rotula o patella, ed è l’osso sesamoide più grosso del corpo umano; la sua faccia articolare posteriore è a forma di cuneo smussato, e la faccia articolare anteriore della troclea femorale a una forma vagamente concava.

Più precisamente la faccia articolare rotulea è composta da due faccette articolari, una mediale e una laterale più ampia, divise da una eminenza verticale.

L’articolazione è un ginglimo angolare o troclea che possiede un grado di libertà corrispondente ai movimenti di flesso-estensione.

Gli elementi che stabilizzano la rotula sono i legamenti alari, il legamento rotuleo e la capsula dell’articolazione che si inserisce sul contorno articolare della rotula al limite della cartilagine articolare.

La posizione della rotula nella fase di estensione del ginocchio è verticale. Durante la flessione la rotula si sposta dall’alto in basso, ritrovandosi, quando viene raggiunta la massima escursione articolare flessoria, in posizione orizzontale con la faccia posteriore orientata verso l’alto e indietro.

Lo spostamento sarebbe pari a circa il doppio della lunghezza della patella.

La traslazione risulta possibile per la presenza di 3 recessi (cavità virtuali che si aprono secondo necessità): il recesso sottoquadricipitale situato posteriormente alla rotula e ai recessi rotulei laterali entrambi formati dalla capsula articolare.

Durante la flessione i recessi si allargano e consentono la discesa rotazione della rotula accompagnata dal grasso del corpo adiposo infra-patellare, che viene spinto soprattutto dalla capsula e dal legamento rotuleo; nell’estensione avviene il contrario.

Non vi sono spostamenti laterali sul piano frontale della rotula durante la flesso-estensione. Solo in condizioni fisiologiche si ha una modesta lateralizzazione nella fase terminale dell’iperestensione dovuta alla diminuita tensione del muscolo quadricipite che lo porta a realizzare, con il legamento rotuleo, un aumento dell’angolo esterno uguale o superiore a 180°.

Nei movimenti di rotazione è la tensione del legamento rotuleo che induce i movimenti della rotula provocata dalla rotazione controlaterale del femore.

La rotazione interna del ginocchio provoca la rotazione esterna del femore e il contemporaneo spostamento all’esterno della rotula. L’inverso avviene con la rotazione esterna del ginocchio.

La superficie articolare della patella si adatta a quella del femore(come “U” rovesciata) che si estende sulla superficie anteriore di entrambi i condili femorali.

Durante una flessione completa la settima faccetta della superficie articolare della patella entra in contatto con la parte anterolaterale del condilo mediale del femore, mentre la parte anteriore del condilo femorale laterale entra in contatto con la faccetta patellare laterale più alta.

Quando il ginocchio si estende, le faccette patellari centrali entrano in contatto con la metà inferiore della superficie femorale: in completa estensione sono a contatto con il femore solo le faccette patellari inferiori.

ARTICOLAZIONE TIBIO-FIBULARE PROSSIMALE

(Tibio-Fibulare superiore)

L’articolazione tibio-fibulare prossimale è una articolazione sinoviale tra il condilo tibiale laterale e la testa della fibula.

Le superfici articolari sono inclinate e formano un angolo maggiore di 20°. La faccetta fibulare è quasi piatta o leggermente incavata; ed le superfici sono ricoperte da cartilagine ialina.

CAPSULA FIBROSA è ispessita nella porzione anteriore e in quella posteriore; la capsula si inserisce sui margini delle superfici articolari di tibia e fibula.

I legamenti dell’articolazione tibio-fibulare prossimale non sono del tutto separati dalla capsula. Con un rapporto molto stretto con il tendine del bicipite femorale, il legamento anteriore è costituito da 2 o 3 fasci appiattiti e obliqui che dalla testa della fibula, risalgono fino alla parte anteriore del condilo tibiale laterale.

BANDELLETTA ILEO-TIBIALE: è un tendine di due muscoli grande gluteo e tensore della fascia lata e si inserisce sulla faccia antero esterno della tibia a livello del tubercolo di Gerdy; la funzione di questo tendine è di rendere stabile la componente antero laterale del ginocchio.

MENISCHI

I Menischi sono lamine fibrocartilaginee intracapsulari, costituite per il 70% di acqua mentre il restante 30% e dato dal collagene e dalla elastina. Presentano una forma di semiluna: la parola viene dal greco e significa mezza luna; presentano 3 zone distinte: la zona red-red (rosso-rosso) a massima densità di irrorazione che aderisce alla parete capsulare e riceve gran parte del nutrimento dei vasi; la zona intermedia red-white (rosso-bianco) dove la densità di irrorazione si riduce e la zona white-white (bianco-bianco) interna avascolare e aneuronale ovvero senza terminazioni nervose. Il menisco ha la  funzione  di rendere più ampie e profonde le superfici articolari della tibia che accolgono i condili femorali. I margini periferici, sono spessi e convessi mentre i margini interni sono sottili e concavi. Le superfici prossimali lisce e concave sono in contatto con la cartilagine articolare dei condili femorali. Le superfici distali lisce e piatte giacciono sulla cartilagine articolare tibiale.

Ciascun menisco copre circa 2/3 della superficie articolare tibiale.

A livello dei corni meniscali, il solido ancoraggio all’osso intercondiloideo delle fibre circolari periferiche impedisce la dislocazione verso l’esterno dei menischi indotta dall’azione dei condili femorali.

Variante del menisco è il menisco discoide presente nel 5% della razza caucasica e quindi si può trovare in fase intra-operatorio: consiste in una forma anomala del menisco spesso a carico del menisco laterale o esterno; ha l’aspetto totalmente a disco e non a C e si divide in:

tipo 1 o completo, ovvero copre completamente l’area tibiale.

Tipo 2 con esposizione dell’area centrale tibiale.

Tipo 3 senza inserzione posteriore sul piatto tibiale Humphrey e Wrisberg.

Il menisco svolge un ruolo di distribuzione del carico, permette di distribuire in maniera più bilanciata sui piatti tibiali il carico, migliora la congruenza tra i condili femorali e piatto tibiale, impedisce alla capsula di interporsi fra il condilo femorale e il piatto tibiale e quindi impedisce un conflitto capsulare, contribuisce a distribuire il liquido sinoviale che bagna le superfici articolari consentendo una migliore distribuzione del liquido sinoviale e quindi ottimizza il movimento tra condili e piatti senza che ci sia attrito; sono dei veri stabilizzatori articolari, sono ammortizzatori durante il salto e il passo.

MENISCO MEDIALE

Il menisco mediale ha una forma semicircolare; attraverso il suo corno anteriore si fissa sulla superficie intercondiloidea tibiale anteriore, davanti al legamento crociato anteriore; le fibre posteriori del corno anteriore continuano con il legamento trasverso del ginocchio.

Il corneo anteriore è accolto in una depressione del pavimento situata medialmente alla porzione superiore del legamento rotuleo. Il corno posteriore è fissato sulla superficie intercondiloidea tibiale posteriore tra le inserzioni del menisco laterale e il legamento crociato posteriore.

MENISCO LATERALE

Il menisco laterale forma 4/5 di un anello e copre una superficie più estesa del menisco mediale. Posteriormente presenta una scanalatura per il tendine del popliteo, che lo separa dal legamento fibulare collaterale.

Il corno anteriore è inserito davanti all’eminenza intercondiloidea, dietro e di lato al legamento crociato anteriore, con cui è parzialmente fuso. Il corno posteriore è fissato dietro all’eminenza e davanti al corno posteriore del menisco mediale.

I legamenti menisco femorali rappresentano spesso le uniche inserzioni del corno posteriore del menisco laterale.

LEGAMENTI MENISCOFEMORALI

I due legamenti menisco-femorali collegano il corno posteriore del menisco laterale alla parte interna (laterale) del condilo femorale mediale. Il legamento menisco-femorale anteriore (legamento di Humphrey) passa davanti al legamento crociato posteriore. Il legamento menisco-femorale posteriore (legamento di Wrisberg) passa dietro al legamento crociato posteriore e si inserisce al di sopra del margine di inserzione del legamento crociato posteriore.

LEGAMENTI

Le strutture legamentose del ginocchio si possono suddividere in un gruppo centrale detto pivot centrale del ginocchio rappresentato dal LCA e LCP e un gruppo periferico rappresentato principalmente dai legamenti collaterali

LEGAMENTI CROCIATI

I legamenti crociati sono cosi chiamati perché si incrociano fra loro dall’avanti all’indietro e sia laterolaterali. Sono strutture assai resistenti, riccamente innervate, contenute all’interno della capsula articolare. I legamenti crociati si incrociano dietro il centro articolare.

Questi legamenti sono quasi completamente circondati dalla membrana sinoviale, eccetto dietro; la parte intercondiloidea della regione posteriore della capsula fibrosa si presenta priva del rivestimento sinoviale.

LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE  o  LCA

Il legamento crociato anteriore è inserito sulla superficie intercondiloidea anteriore della tibia, davanti e leggermente di lato al tubercolo intercondiloideo mediale; in parte si fonde con il corno anteriore del menisco laterale.

Il legamento crociato anteriore sale in direzione postero-latero-mediale del condilo femorale laterale; è situato al centro del ginocchio fra tibia e femore dove forma con il legamento crociato posteriore il pivot centrale dell’ articolazione ovvero il perno (pivot) centrale attorno cui ruota l’articolazione.

LEGAMENTO CROCIATO POSTERIORE  o  LCP

Il legamento crociato posteriore è più spesso e robusto del legamento crociato anteriore; ed è simile ad un ventaglio. È inserito sulla superficie laterale del condilo femorale mediale, fino alla parte anteriore del tetto della fossa intercondiloidea. Le sue fibre sono adiacenti alla superficie articolare.

Il legamento crociato posteriore si inserisce in basso e indietro nella porzione della regione intercondiloidea e in una depressione sull’adiacente parte posteriore della tibia.

Diversamente dal LCA il LCP non è isometrico durante il movimento del ginocchio cioè la distanza tra l’inserzione varia con la posizione dell’articolazione; questo è il motivo per cui si lacera meno dell’LCA.

LEGAMENTO PATELLARE: si origina dal tendine del muscolo quadricipite femorale che passa sulla superficie anteriore dell’articolazione, comprendendo la patella continuando fino alla tuberosità tibiale. Il legamento patellare fornisce stabilità alla superficie anteriore dell’articolazione del ginocchio.

LEGAMENTO COLLATERALE TIBIALE o L. Collaterale  mediale: è situato sul lato interno del ginocchio, nasce all’altezza del epicondilo mediale del femore e termina sul condilo mediale della tibia.  Rinforza la superficie mediale del ginocchio ed evita che una spinta eccessiva sul lato opposto possa disallineare in direzione mediale il femore rispetto alla tibia o la tibia rispetto al femore.

LEGAMENTO COLLATERALE FIBULARE o L. Collaterale Laterale: nasce dal epicondilo laterale del femore e termina in corrispondenza della testa del perone. Rinforza il lato esterno del ginocchio è impedisce che le spinte eccessive sul lato opposto provochino un disallineamento  in direzione laterale del femore rispetto alla tibia o della tibia rispetto al femore.

LCA e LCP agiscono come stabilizzatori, solo quando il ginocchio è in estensione completa. In generale i legamenti crociati controllano le sollecitazioni lungo l’asse antero-posteriore del ginocchio mentre i legamenti collaterali moderano le sollecitazioni in direzione laterale e mediale.

LEGAMENTI POPLITEI

sono due legamenti superficiali che si estendono tra il femore e la testa della tibia e della fibula; sul versante dorsale.

MUSCOLI

Il ginocchio è composto da 9 muscoli, che sono

                                              MUSCOLO BICIPITE FEMORALE                                   

Origine del Capo Lungo: parte distale del legamento sacrotuberoso e parte posteriore della tuberosità ischiatica.

Origine del Capo Breve: labbro laterale della linea aspra, due terzi prossimali della linea sovracondiloidea e setto intermuscolare laterale.

Inserzione: area laterale della testa del perone, condilo laterale della tibia e nella fascia profonda sulla faccia laterale della gamba.

Azione: flettono e ruotano l’articolazione del ginocchio; inoltre il capo lungo estende ed assiste la rotazione laterale dell’anca.

Innervazione

Capo Lungo: nervo sciatico del ramo tibiale (L5-S1-S2-S3)

Capo breve: nervo sciatico del ramo peroneale (L5-S1-S2).

TENSORE della FASCIA LATA

Origine: parte anteriore del labbro esterno della cresta iliaca, superficie esterna della spina iliaca antero-superiore e superficie profonda della fascia lata.

Inserzione: sul tratto della fasci lata alla congiunzione del terzo prossimale con il terzo medio della coscia.

Si inserisce al condilo laterale della tibia con un tendine che all’unione del terzo superiore con il terzo medio della coscia si fonde con la fascia femorale formando il tratto ileotibiale.

Azione: flette, ruota medialmente e abduce l’articolazione dell’anca. Tende la fascia lata e può assistere nell’estensione del ginocchio.

Innervazione: nervo gluteo superiore (L4-L5-S1).

Il tratto Ileotibiale o banda ileo-tibiale è una spessa striscia di tessuto connettivo che corre lungo la parte esterna della coscia e collega diversi muscoli della coscia laterale; svolge un ruolo importante nel movimento della coscia collegando i muscoli dell’anca alla tibia della parte inferiore della gamba.

MUSCOLO POPLITEO

Origine: parte anteriore del solco del condilo femorale laterale e legamento popliteo obliquo dell’articolazione del ginocchio.

Inserzione: labbro superiore della linea obliqua e faccia posteriore della tibia al di sopra della linea obliqua, detta anche linea poplitea o linea obliqua della tibia. È l’unico muscolo posteriore della gamba che non raggiunge il piede

Azione: flette la gamba sulla coscia, ruota medialmente la tibia sul

femore e flette il ginocchio in assenza di peso, ruota lateralmente il femore sulla tibia e flette il ginocchio in condizioni di carico.

Innervazione: nervo tibiale (L4-L5-S1).

MUSCOLO GASTROCNENIO

Origine del Capo Mediale: parte prossimale e posteriore del condilo mediale e parte adiacente al femore, e sulla capsula dell’articolazione del ginocchio.

Origine del Capo Laterale: condilo laterale e superficie posteriore del femore, e sulla capsula dell’articolazione del femore.

Inserzione: parte media della superficie posteriore del calcagno.

Azione: determina la flessione plantare dell’articolazione della caviglia e assiste la flessione del ginocchio.

Innervazione: nervo tibiale (S1-S2).

MUSCOLO SOLEO

Origine: superfice posteriore della testa del femore, terzo prossimale della diafisi peroneale, linea del soleo, terzo medio del margine mediale della tibia ed arco tendineo che passa tra la tibia e il perone al di sopra dei vasi poplitei.

Inserzione: si inserisce insieme al tendine del gastrocnemio sulla superficie posteriore del calcagno ovvero mediante il tendine d’Achille all’interno della tuberosità del calcagno.

Azione: flessione plantare dell’articolazione della caviglia.

Innervazione: nervo tibiale (L5, S1-S2).

TENDINE D’ACHILLE o tendine calcaneare origina dal muscolo tricipite della Sura formato dai muscoli gemelli e dal soleo e si inserisce sul l’osso calcaneare.

MUSCOLO TRICIPICE della SURA: è composto dai muscoli soleo e gastrocnemio: è costituito da 3 ventri, ventre mediale o gemello mediale, ventre laterale o gemello laterale, ventre anteriore o muscolo soleo.

MUSCOLO PLANTARE

Muscolo sottile e gracile posto in profondità sulla regione posteriore dell’articolazione del ginocchio.

Origina: a livello del ramo laterale della linea aspra del femore e dalla capsula articolare del ginocchio.

Inserzione: termina con un tendine particolarmente lungo che decorre verso il basso, tra il muscolo gastrocnemio e soleo aderisce al margine mediale del tendine d’Achille e termina sulla faccia postero mediale del calcagno.

Azione: flette plantarmente il piede e partecipa alla flessione della gamba,  lavorando in sinergia con il tricipite della sura.

Innervazione: nervo tibiale (L4-L5-S1-S2).

MUSCOLO SARTORIO

È un muscolo superficiale situato nella regione anteriore della coscia, biarticolare e nastriforme; è il muscolo più lungo dell’intero corpo umano

Origine: spina iliaca antero-superiore e nella metà superiore dell’incisura iliaca, appena distalmente alla spina.

Inserzione: parte prossimale della superficie mediale della tibia vicino al margine anteriore. Si inserisce sulla tibia tramite un tendine comune ai muscoli gracile e semitendinoso che a causa della forma tipica prende il nome di zampa d’oca

Azione: flette, ruota lateralmente e abduce l’articolazione dell’anca; flette ed assiste la rotazione mediale dell’articolazione del ginocchio.

Innervazione: nervo femorale (L2-L3-L4).

MUSCOLO GRACILE o RETTO INTERNO

Origine: metà inferiore della sinfisi pubica e margine mediale del ramo inferiore dell’osso pubico.

Inserzione: superficie mediale della diafisi tibiale, distalmente al condilo, prossimalmente all’inserzione del semitendinoso e lateralmente all’inserzione del sartorio. Il suo tendine di inserzione concorre a formare la zampa d’oca assieme ai tendini dei muscoli sartorio e semitendinoso.

Azione: adduzione dell’anca, flessione ed intrarotazione del ginocchio. Il muscolo gracile o retto interno è un muscolo appartenente al gruppo dei 5 muscoli mediali adduttori della coscia che comprende il muscolo gracile, pettineo, adduttore lungo, breve e grande; è il più mediale degli adduttori.

Innervazione: nervo otturatorio (L2-L3-L4).

MUSCOLO SEMITENDINOSO

Origine: tuberosità ischiatica attraverso il tendine in comune con il capo lungo del bicipite femorale.

Inserzione: parte prossimale della superficie mediale della diafisi tibiale e fascia profonda della gamba.

Azione: flette e ruota medialmente l’articolazione del ginocchio; estende ed assiste la rotazione mediale dell’anca.

Innervazione: nervo sciatico del ramo tibiale (L4-L5-S1-S2).

È un muscolo superficiale situato nella parte postero mediale della coscia; è carnoso nella parte superiore e tendineo in quello inferiore; distalmente unisce il suo tendine anteriormente con il tendine del muscolo sartorio e lateralmente con tendine del muscolo gracile costituendo la zampa d’oca. Insieme al tendine del muscolo semimembranoso costituisce il limite supero- interno della fossa poplitea.

MUSCOLO SEMIMEMBRANOSO

Origine: tuberosità ischiatica, prossimalmente e lateralmente al bicipite femorale e al semitendinoso.

Inserzione: faccia postero-mediale del condilo mediale della tibia.

Azione: flette e ruota medialmente il ginocchio; estende ed assiste la rotazione mediale dell’anca.

Innervazione: nervo sciatico del ramo tibiale (L4-L5-S1-S2).

Il muscolo semimembranoso è un muscolo posteriore e mediale della coscia, posto in profondità rispetto al muscolo semitendinoso. Insieme a quest’ultimo e al bicipite femorale forma il gruppo dei muscoli ischiocrurali. Il suo nome deriva dal fatto che è costituito, nel suo terzo superiore, da una larga lamina tendinea.

MUSCOLO QUADRICIPITE FEMORALE

Origine del Retto Femorale: spina iliaca antero-inferiore e al margine superiore dell’acetabolo.

Origine del Vasto Laterale: parte prossimale della linea intertrocanterica, margine anteriore ed inferiore del grande trocantere, labbro laterale della tuberosità del gluteo, meta prossimale del labbro laterale della linea aspra e setto intermuscolare laterale.

Origine del Vasto Intermedio: superficie anteriore e laterale dei due terzi prossimali della diafisi del femore, metà distale della linea aspra e setto intermuscolare laterale.

Origine del Vasto Mediale: metà distale della linea intertrocanterica, labbro mediale della linea aspra, parte prossimale della linea sovracondiloidea mediale, tendini dell’adduttore lungo e del grande adduttore e setto intermuscolare mediale.

Inserzione: margine prossimale della rotula tramite il legamento rotuleo, e sulla tuberosità della tibia.

Azione: estende l’articolazione del ginocchio ed flette l’articolazione dell’anca.

Innervazione: nervo femorale (L2-L3-L4).

CAPITOLO 2

PATOLOGIA

GONARTROSI

La gonartrosi è una delle forme più diffuse di artrosi, predilige il sesso femminile e l’età media di insorgenza in genere è intorno ai 50 anni. La forma è spesso bilaterale e viene attualmente considerata una delle tipiche artrosi primarie. Le forme secondarie sono prevalentemente monolaterali e si instaurano su malformazioni congenite o acquisite (ginocchio varo o valgo, condromalacia della rotula ecc.).

La sintomatologia è caratterizzata da dolori ai movimenti, localizzata alla faccia interna del ginocchio, al cavo popliteo ed alla rotula, con possibili irradiazioni sul versante antero-laterale della gamba.

Il ginocchio appare aumentato di volume e possono essere presenti scrosci articolari.

L’esame dell’articolazione permette di apprezzare l’ingrossamento dei capi ossei e la presenza di punti dolorosi a livello dell’interlinea articolare, soprattutto sul lato mediale, e talora, dall’inserzione tibiale dei muscoli della zampa d’oca. È presente una riduzione dei movimenti attivi e passivi e nelle fasi più avanzate si possono osservare movimenti anomali in direzione antero-posteriore o di lateralità, un blocco articolare da lesioni dei menischi oppure varismo o valgismo del ginocchio.

Come accennato, può essere presente in alcune fasi di riacutizzazione un modesto versamento articolare.  Quadro radiologico mostra negli stadi iniziali il caratteristico appuntimento e deformazione delle eminenze intercondiloidee, talora fratturate, in seguito la riduzione dell’interlinea articolare, uniforme o spesso limitata ad una zona. In proiezione antero-posteriore e laterale si possono rilevare osteofiti sui bordi della rotula e sul profilo interno ed esterno del piatto tibiale.

Ulteriori reperti sono rappresentati da una modesta reazione osteosclerotica subcundrale e dalla tibia e dalla possibile presenza di corpi liberi endoarticolari e di geodi (cisti ossee).

Il sistema immunitario protegge organismo da agenti infettanti. Per il buon funzionamento del sistema immunitario è necessario che le cellule immunitarie siano in grado di discriminare gli antigeni tissutali propri (“self”) da quelli estranei il (“non self”). Il sistema immunitario ha perfezionato diversi meccanismi per prevenire il danno ai tessuti “self”, anche se spesso le differenze tra self e non self sono molto sottili, infatti i patogeni stessi sono costituiti da proteine e biomolecole spesso in comune con l’uomo. Quando il sistema immunitario perde la capacità di distinguere il self dal non self causa la comparsa di una reazione immune contro le proprie cellule e tessuti.

L’autoimmunità ha origine, dunque, dall’incapacità o dalla rottura dei meccanismi responsabili del mantenimento della tolleranza al self da parte dei linfociti.

La gonartrosi come la maggior parte delle patologie è una malattia autoimmune: il sistema immunitario commette un errore ovvero si sbaglia e attacca se stesso: colpisce alcuni agenti patogeni come Streptococchi, Clamidie, Salmonelle, Citomegalovirus, Epstein-bar virus, ma contemporaneamente colpisce se stesso scatenando la malattia: uccide giustamente il nemico il quale è simile in alcune sue parti a strutture dell’organismo umano che quindi vengono anch’esse distrutte; perché tale malattia cronica autoimmune si verifichi occorre la presenza di questi agenti patogeni chiamati anche inneschi infettivi perché rappresentano lo stimolo, lo  “starter” di tale processo patologico. A questa miccia deve necessariamente aggiungersi una predisposizione genetica: un codice genetico chiamato HLA.

Per alcuni scienziati  la gonartrosi va considerata una malattia diffusa o meglio non locale ma localizzata; secondo tale teoria tale patologia prima si diffonde in tutto il corpo senza creare particolari disturbi e poi trova una sede dove localizzarsi e dove scatenare i sintomi.

La gonartrosi può essere definita anche come un processo infiammatorio che parte dalla cartilagine e arriva alle membrane sinoviali; acido ialuronico e collagene sono componenti della cartilagine presente nell’articolazione: entrambi diventano degli autoantigeni, cioè sono riconosciuti come degli agenti patogeni estranei perché hanno parti in comune con questi batteri; per un fenomeno chiamato mimetismo molecolare, il sistema immunitario distrugge sia i batteri che queste parti delle articolazioni generando un fenomeno infiammatorio cronico; da questa infiammazione si originano le sostanze che vanno a distruggere l’articolazione.

CAPITOLO 3 

CASO CLINICO

Si tratta di un uomo di 49 anni, impiegato statale, in terapia farmacologica per iperestensione e ipercolesterolemia; in età prescolare ha subito interventi di tonsillectomia e appendicectomia e intorno ai 40 anni colecistectomia per via laparoscopica. Ha giocato a calcio fino all’età di 30 anni poi ha sospeso per trauma distorsivo al ginocchio. Negli anni successivi e aumentato di peso (8/10 kg) ha riferito distorsioni ripetute alla caviglie, dolori al ginocchio che rispondevano ai comuni fans, e due episodi di lombalgia acuta tipo colpo della strega. Si è presentato nello studio medico per dolore tirante, strappante tipo fitte acute al ginocchio unito ad edema  che dalla caviglia si estendeva al ginocchio, rossore con lieve calore al ginocchio e parestesie diffuse all’arto inferiore destro.  L’arto controlaterale sinistro mostrava solo edemi alla caviglia con crampi al polpaccio, lievi parestesie alle gambe e dolenzia al ginocchio.

DIAGNOSI MEDICA e REFERTI DIAGNOSTICI

È stata Diagnosticata una gonartrosi confermata dal medico ortopedico che ha prescritto i seguenti Esami: RX, RMN ed ECOGRAFIA del ginocchio destro.

TEST di VALUTAZIONE della TENUTA del GINOCCHIO

TEST del CASSETTO

Con il paziente in posizione supina si flette la gamba di circa 90 gradi, poi l’esaminatore si siede sul piede del paziente, si afferra il piatto tibiale e si traziona anteriormente per valutare il crociato anteriore, invece si traziona posteriormente per valutare il crociato posteriore; il test è positivo quando la tibia si sposta in avanti rispetto ai condili femorali (cioè legamenti crociati sono rotti).

LACHMAN TEST

Con il paziente in posizione supina si pone il ginocchio a 20/30 gradi di flessione poi il terapista  con una mano deve prendere la tibia all’interno e con altra mano deve prendere il femore all’esterno, si fa una trazione in avanti per valutare lo scorrimento della tibia rispetto al femore; se il ginocchio avesse uno scorrimento o un movimento molto più ampio della tibia rispetto al femore il test è positivo per la lesione del legamento crociato anteriore.

TEST di APLEY

Con il paziente in posizione prona si flette la gamba a 90 gradi, il terapista con una mano blocca la coscia del paziente e con altra mano appoggiata sul piede, si comprime il ginocchio, quindi si comprime sul menisco e da qui con la rotazione esterna si va a testare il menisco interno, quindi se il paziente ha dolore all’interno il test è positivo per il menisco mediale; invece con la compressione e la rotazione interna si testa il menisco esterno, quindi se il paziente a dolore all’esterno significa che il problema è il menisco laterale.

TEST MC MURRAY

Con il paziente in posizione supina bisogna flettere il più possibile la gamba poi si infilano due dita sul piatto tibiale e con una buona presa bisogna mettere altra mano sotto il piede; per testare il menisco esterno si deve ruotare all’esterno la caviglia e poi si estende la gamba, se questo movimento di estensione  provoca un rumore o un “clic” doloroso il test è positivo, invece per testare il menisco esterno si ruota all’interno la caviglia e poi si stende la gamba ed se si verifica un rumore o un “clic” doloroso significa che il test è positivo.

TEST dell’APPRENSIONE del GINOCCHIO

Con il paziente in posizione supina si impugna la rotula ai lati; il test consiste nello spostamento della rotula, se il paziente ha la sensazione di lussazione il test è positivo.

 Questo test serve per valutare l’instabilità della rotula.

TEST GLIDE ROTULEO

con il paziente in posizione supina si impugna la rotula ai lati; il test consiste nello spingere la rotula prima all’interno e poi all’esterno, se il movimento della rotula è superiore ai 5 millimetri in un lato o nell’altro il test è positivo.

Questo test serve per valutare l’instabilità della rotula.

TEST del BALLOTTAMENTO ROTULEO

Con il paziente in posizione supina, la gamba deve essere distesa, poi l’esaminatore deve spingere dall’alto verso il basso la rotula e poi con l’indice va a premere forte contro la rotula, il test è positivo se la rotula va a sbattere contro il femore e ritorna in maniera rapida perché viene spinta dal liquido.

CAPITOLO 4

PROTOCOLLO MEDICO

Ha eseguito terapia medica con fans per via orale, terapia integrativa con vitamina D, probiotici e prebiotici per la disbiosi intestinale, rimedi omeopatici, riflessologia auricolare e agopuntura. Il dolore si è attenuato e da puntorio e trafittivo si è trasformato in una dolenzia al ginocchio, crampi al polpaccio ed episodi rari, soprattutto di notte con dolori trafittivi al ginocchio; permangono le parestesie o formicoli alla gamba e alla coscia destra. Nel centro fisioterapico, Fisio ok di Bizzuno (Ravenna), ha eseguito cicli  di Tecar terapia, massaggi dei muscoli anteriori e posteriori della coscia e riflessologia plantare e  ginnastica riabilitativa in acqua.

PROTOCOLLO MASSOFISIOTERAPICO

Si è eseguito un protocollo terapeutico al fine di  recuperare e migliorare il sistema muscolare di difesa del ginocchio: A)  stretching dei muscoli, B)  esercizi di rinforzo, D) terapia  propriocettiva, E) Tecarterapia,  F)  riflessologia  plantare

A)STRETCHING dei MUSCOLI Quadricipite, Bicipite Femorale, Semimembranoso e Semitendinoso.

Questo esercizio di stretching si svolge sdraiati e supini. È importante non farlo in piedi o in altre posizioni per non creare scompensi. Da sdraiati il bacino è bloccato assieme all’altro arto ed eventuali compensi sono molto più limitati.

Prendiamo un elastico(loop band) o se no una corda. L’elastico ci da un feedback migliore ed in questo caso sfrutta l’innervazione reciproca tra quadricipite e ischiocrurali per disinibire maggiormente i propriocettori muscolari (che portano un muscolo a contrarsi quando si allunga). Passiamo l’elastico sotto il piede e portiamo su la gamba a ginocchio flesso. La flessione di gamba deve essere minima non troppo accentuata ; arriviamo fino a sentire tensione, teniamola per 3-5 respiri profondi e poi proviamo a guadagnare qualche cm. L’esercizio  deve durare da un minimo di 30” secondi ad un massimo di 2’ minuti per 2-5 serie. Quando si fa stretching per gli ischiocrurali, allungamento non deve essere sempre statico, ma in ogni serie bisogna cercare di guadagnare qualche cm. Per questo è importante piuttosto che partire subito col massimo allungamento, iniziare leggeri e mano a mano che avanziamo nelle serie, bisogna raggiungere nuovi rom (range di movimento).

B)ESERCIZI di RINFORZO MUSCOLARE: si tratta  di 5 esercizi:

1) Esercizio di Rinforzo dei Muscoli Flessori dell’Anca: paziente  supino sul lettino, inizia piegando la gamba , poi finisci con la gamba distesa completamente sul letto.

2) Esercizio di Rinforzo dei Muscoli Flessori dell’Anca ed Estensori del Ginocchio: paziente supino gambe distese e caviglie appoggiate sul letto, solleva il piede con la punta bel distesa verso alto.

3) Esercizio di rinforzo Muscoli Laterali della coscia e dei muscoli abduttori dell’anca: paziente su un fianco e punte dei piedi in avanti, solleva la gamba che sta sopra con anca e ginocchia ben distesi e le punte dei piedi rivolte in avanti.

4) Esercizio di rinforzo dei muscoli estensori dell’anca e dei muscoli posteriori della coscia: paziente prono, gamba stesa sul letto viene sollevata senza piegare il ginocchio.

5) Esercizio di rinforzo dei muscoli estensori del ginocchio: paziente supino con un supporto arrotolato sotto il ginocchio, inizia l’esercizio col ginocchio leggermente piegato e lo termina con ginocchio completamente disteso.

6) Esercizi di rinforzo dei muscoli posteriori della gamba: paziente in piedi con talloni fuori dal gradino e mani ben appoggiate solleva il corpo sulla punta dei piedi.

  • Esercizi di Rinforzo dei Muscoli Stabilizzatori del Bacino:

il paziente supino sul lettino a ginocchia piegate, alza i glutei dal letto, fa il cosiddetto ponte.

Poi dopo circa un mese di trattamenti sono stati aggiunti questi esercizi:

  1. In posizione seduta, con le cosce ben appoggiate sulla sedia e non divaricate, posizionare una caviglia sopra l’altra. Spingere verso l’alto la gamba al di sotto, mentre la gamba sopra si oppone spingendo verso il basso, mantenendo la posizione per 5-10 secondi.
  2. In posizione seduta, con una sedia o uno sgabello di fronte, posizionare i piedi all’esterno delle gambe della sedia e spingere gradualmente verso l’interno, per 5-10 secondi. Dopo 30 secondi di pausa, posizionare i piedi all’interno delle gambe della sedia e spingere verso l’esterno; ripetere per 3-5 volte. In questo esercizio è importante fare attenzione a non muovere le ginocchia dalla loro posizione, divaricando o stringendo le cosce.
  3. Seduto su una sedia, utilizzando una pallina da tennis o qualcosa di simile, far scivolare la pallina avanti e indietro mantenendola sotto la pianta del piede, per 5-7 volte. Alternare i piedi e ripetere 5 volte per lato. In questo esercizio si ottengono migliori risultati quanto più è ampio il movimento che si riesce a compiere.
  4. Sempre in posizione seduta, con una sedia o uno sgabello davanti a se, appoggiare alternativamente le due gambe tese alla superficie della sedia, stirando i muscoli posteriori della coscia e mantenendo la posizione per circa 12-15 minuti. La gamba non interessata dall’esercizio deve rimanere rilassata, con il piede a terra.
  5. Sdraiarsi su un lato, facendo attenzione a tenere il busto diritto. Portare lentamente il tallone di una delle due gambe più vicino possibile al gluteo, se necessario aiutandosi con una cintura o con un asciugamano arrotolato. Mantenere la posizione per 5-10 secondi, alternando le gambe e riposando per almeno 30 secondi fra una serie e l’altra. Questo esercizio deve essere interrotto se è causa di sintomi dolorosi.

C) TERAPIA PROPRIOCETTIVA esercizi di rieducazione propriocettiva  eseguiti  si tratta  di una apparecchiatura  brevettata  da me e mio padre, medico-chirurgo specialista in chirurgia d’urgenza:  il paziente a piedi nudi cammina in una pedana con ghiaccio, sale e pietre di varie dimensioni, i recettori del caldo, del freddo, quelli tattili, quelli dolorifici vengono stimolati: in generale migliora la propriocettività del paziente; vengono stimolati tanti nervi e quindi tante strutture muscolari, legamentose e vascolari che consentono movimenti del corpo più fini e articolati. Migliorare la propriocettività significa avere come un sesto senso in più che permette movimenti più sicuri ed efficaci. Il paziente eseguiva nello studio medico circa 30 minuti dopo l’agopuntura e la riflessologia auricolare a scopo antalgico queste sedute propriocettive: io stesso aiutavo il paziente a muoversi nella pedana con sassi a tenere ben fermi i piedi sul ghiaccio e sul sale; lo scopo era quello di far sentire, avvertire al paziente una sensazione di bruciore al piede: la fisiologia ci insegna che un freddo intenso attiva ovvero risveglia gli stessi recettori del caldo: ne consegue che quando il paziente ha il piede freddo avverte una sensazione di bruciore come se il piede fosse scaldato da una fiamma, da un fuoco; l’effetto benefico, in questo caso antidolorifico, si ottiene quando il paziente avverte tale disestesia ovvero una sensazione di bruciore. Questi cicli di agopuntura, riflessologia auricolare, plantare e di terapia propriocettiva li sta tuttora continuando.

Il termine propriocettività è stato introdotto da Sherington nel 1906.  Per descrivere quel numero enorme di informazioni che devono giungere all’intero organismo e che permettono di eseguire un movimento; questi recettori li troviamo nei muscoli e prendono il nome di fusi neuromuscolari, nei tendini e si chiamano organi tendinei del Golgi e nelle capsule articolari, noti come recettori cinestesici o corpuscoli del Ruffini e corpuscoli del Pacini : probabilmente ogni cellula è ricca di recettori propriocettivi e quelli che conosciamo sono sicuramente una piccola parte. Una riduzione del numero di tale recettori comporta una perdita dell’equilibrio e questo è cosa nota; anche una marcia atassica, un anestesia, parestesia, una disestesia, gli esiti di un trauma sono legati strettamente alla perdita di recettori propriocettivi; anche un semplice tremore, un tic, una stereotipia sono legati a perdita di tali recettori; anche con l’avanzare dell’età si alterano i recettori propriocettivi e  i movimenti diventano sempre più rigidi: la stanchezza e la rigidità, i sintomi principali di tutte le malattie sono legati anche al calo dei propriocettori.

TEORIA della INIBIZIONE dei NERVI o MACCHINA in DISCESA

Per comprendere come funziona un nervo occorre ragionare in termini di una macchina che dalla cima di una montagna scende a valle e che quindi deve spingere con forza molti freni per non acquistare una velocità eccessiva. Un movimento viene eseguito nella maniera più fine, precisa e sicura quando tanti freni a livello delle terminazioni nervose sono attivati; un soggetto in salute si muove con sicurezza perché ha tanti di questi freni, ma col passare dell’età, malattie e traumi il numero di questi freni si riduce. Un elevato numero di freni spinti con forza determina un forte dispendio e consumo di energia; quando tali freni si riducono di numero il movimento diventa più incerto, insicuro e meno preciso e anche meno dispendioso come consumo di energia; un tremore, un tic, una acatisia sono la conseguenza della perdita di tali freni, il massimo di tale perdita di freni avviene nell’epilessia dove insieme alle contrazioni tonico cloniche si ha una apertura degli sfinteri urinari e fecali. Un massaggio, come anche tutte le stimolazioni propriocettive servono per aumentare il numero di tali freni, cosi da rendere il movimento più sicuro e più preciso.

F) RIFLESSOLOGIA PLANTARE: in tutto il nostro organismo ci sono aree che riflettono gli organi del nostro corpo; stimolando questi punti specifici vengono inviate delle stimolazioni che permettono di venire in soccorso di un organo in difficoltà. Le zone più studiate sono quelle del piede, dell’orecchio, dell’occhio (iridologia) e del viso e mani, ci sono mappe che spiegano questo.

In particolare un trattamento di riflessologia plantare permette di rivitalizzare un organo, migliorare la circolazione sanguigna e quindi l’ossigenazione delle cellule e favorire l’eliminazione delle tossine; l’organismo mette sempre in atto tentativi di guarigione: tira fuori un programma al fine di curare la malattia: lo scopo principale della stimolazione di punti specifici del piede è aiutare l’organismo in questa sua azione di guarigione.

Sono state eseguite 2 sedute settimanali per circa 2 mesi alternate alla Tecar-terapia. Nel 2018 ho fatto un corso di riflessologia plantare: con la mappa dei punti del piede tenuta da me in mano cercavo di memorizzare i punti e anche discutevo col terapista dei protocolli che variano col variare della sintomatologia del paziente.

E) Terapia fisica: sono state proposte due sedute di Tecarterapia per due mesi; a causa del persistere del dolore ha prolungato per un altro mese la Tecarterapia. Aiutavo il terapista nel programmare la macchina e si discuteva dei vari protocolli terapeutici, consigliati da ortopedici.

F) IDROKINESITERAPIA: ha eseguito un ciclo alla settimana per due mesi con l’aiuto del terapista in acqua; poi ha continuato per altri due mesi ma con terapia di gruppo.

TECARTERAPIA

Trasferimento Energetico Capacitivo Resistivo.

La Tecarterapia produce nell’ organismo la riattivazione dei naturali meccanismi riparativi e antinfiammatori senza proiezione di energia radiante dall’esterno. Questo si ottiene applicando ai tessuti biologici  il principio fisico del condensatore, sollecitando i tessuti con un azione dall’interno senza dissipazioni di energia.

La Tecar si basa sulla possibilità di trasferire energia biocompatibile ai tessuti lesi, senza alcuna somministrazione dall’esterno, ma inducendo dall’interno delle correnti di spostamento attraverso il movimento alternato delle cariche elettriche (5000.00 volte al secondo) che sotto forma di ioni, sono i costituenti essenziali di ogni substrato biologico.

EFFETTI delle CORRENTI

EFFETTO BIOCHIMICO: riequilibra il potenziale elettrico della membrana cellulare e accelera il metabolismo ultrastrutturale delle cellule richiamando sangue ricco di ossigeno nei tessuti velocizzandone il flusso e facilitando il drenaggio linfatico delle aree periferiche.

EFFETTO TERMICO: per effetto joule prodotto dalle correnti di spostamento induce una endotermia profonda e omogeneamente diffusa con conseguente rilasciamento muscolare.

EFFETTO MECCANICO: Aumentando la velocità di scorrimento dei fluidi drena la stasi emolinfatica e tonifica le pareti vascolari.

La Tecar offre il vantaggio di ottenere risultati in profondità incrementando la temperatura dall’interno verso l’aria di applicazione senza che la cute sia attraversata  da alcuna forma di energia. Quindi si ottiene una Temperatura Omogenea avendo correnti di spostamento costanti,  un’ Estrema Focalità di trattamento agendo sulla potenza erogata; escludendo le zone in cui vi siano controindicazioni, ed una innocuità del trattamento anche in presenza di protesi di sintesi.

AZIONE della TECAR

La Tecar ha un azione

Analgesica e Sedativa

Decontratturante

azione di Stimolazione Tissutale

azione Vasomotoria

La Tecarterapia si può usare in due modalità

Modalità Capacitiva

Modalità Resistiva

Che agiscono in modo selettivo e complementare.

MODALITA CAPACITIVA: agisce specificamente sul tessuti molli (muscoli, sistema vascolare, sistema linfatico ecc.).

MODALITA RESISTIVA: il sistema coinvolge esclusivamente i tessuti a maggiore resistenza (ossa, cartilagini, grossi tendini ecc.).

All’emissione degli impulsi elettrici, le cariche all’interno del corpo vengono attratte e respinte, riproducendo l’effetto condensatore.

CONCLUSIONI

La gonartrosi è una patologia multifattoriale e quindi richiede trattamenti diversificati, di vario genere: i protocolli medici  e massoterapici  devono unirsi fra di loro: l’uno completa l’altro: le figure del medico e il massofisioterapista devono lavorare insieme; il medico ha il compito di valutare le patologie precedenti la gonartrosi al fine di ridurre al minimo le recidive e proporre un programma di riabilitazione; compito del massofisioterapista è aiutare il paziente a seguire la riabilitazione nei migliore dei modi.

Alla visita di controllo dopo un mese di protocollo terapeutico integrato farmacologico e fisioterapico, il paziente si presenta senza bastone, riferendo una attenuazione importante della sintomatologia dolorosa ed un buon compenso funzionale e pertanto motivato a continuare periodicamente questo percorso.

Martini Timmons Tallintsch Anatomia Umana edi SES   Quinta edizione 2014.

BIBLIOGRAFIA

Anatomia del Gray Susan Standin 41 edizione 2017

Kendall Florence Peterson  5 edizione 2005 Verduci Editore.

Vincenzo Pirola: IL MOVIMENTO UMANO, edi-Ermes 5 edizione 2002.

APPROCCIO CLINICO AL PAZIENTE  Barbara Bates , Mc Graw hill, 5 edizione 1993.