\\\   !! Dalla cellula NAIF alla PRESENTAZIONE

… Una  CELLULA   NAIF  o VERGINE  è in attesa di incontrare  un antigene  nel suo ricircolo quotidiano;  ricircola  una decina di volte al giorno  nel sangue  e nel  corso della sua vita di pochi mesi in  genere   quasi mai si presenterà  un antigene: poi muore e viene  sostituita da  altri linfociti vergini.

…  Tutte le cellule dotate di nucleo possono comportarsi da  CELLULE   PRESENTANTI  l’ANTIGENE  o APC :  in genere  tali APC sono cellule dendritiche.  Le  cellule dendritiche sono  fondamentalmente cellule infiammatorie che  servono a   captare l’antigene, a processarlo e a portarlo in giro per il mondo interno:  portare in giro gli antigeni significa anche portarli in vicinanza   delle cellule  bersaglio: le CELLULE BERSAGLIO  sono così definite perchè sono dotate di un recettore specifico per  un altrettanto specifico agente infettivo. Possono sussistere varie cellule bersaglio per un medesimo antigene.  Le cellule  bersaglio più rappresentative   sono le cellule epiteliali che si trovano su cute e mucose; la cellula  bersaglio  permette l’introduzione dell’agente  infettivo  che  poi viene processato dalla cellula bersaglio, per esempio un epatocita; tale cellula bersaglio è in  grado di processare un agente infettivo al suo interno  e poi di presentarlo all’esterno  della   sua membrana ad un linfocita vergine.  La presentazione  di tale antigene è fenomeno fondamentale.  La  internalizzazione  e  la  processazione  di tali agenti infettivi nelle cellule dendritiche servono   soprattutto  a portare in giro l’agente  patogeno; tale agente  infettivo  una volta  raggiunto la cellula bersaglio   scatena  una vera e propria risposta immunitaria, caratterizzata dalla presentazione di tale antigene da parte della cellule bersaglio, per esempio  un   epatocita, nel  contesto delle molecole HLA e non importa  se di classe 1° o  2°. 

!!!PROCESSAZIONE e PRESENTAZIONE.

.  L’antigene viene  inserito nel contesto delle molecole HLA. Un  agente patogeno  viene prima processato,  ovvero frammentato  e poi presentato  all’esterno della membrana cellulare nel contesto delle   molecole HLA   di  classe  1°  e  2°: questo succede con qualsiasi cellula infettata da un agente   patogeno.  Poi le cellule T rispondono agli antigeni presentati nel contesto delle  molecole HLA;  quindi solo dopo l’evento della presentazione   il  linfocita  T è in grado di riconoscere tale antigene e scatenare una risposta  che sarà citotossica  nella  gran parte dei casi, ovvero patologica, e in  altri casi suppressor; la risposta suppressor  non comporta patologie, ma una memoria utile, capace di impedire una reinfezione.

+++ La PROCESSAZIONE  è un atto di  degradazione   che si compie nel reticolo  endoplasmatico della cellule; le molecole degradate  sono per  lo più  glicoproteine che si legano  con legami covalenti, ovvero forti, alle molecole HLA indispensabili  per la  lettura del sistema immunitario. All’inizio della processazione  un agente infettivo  viene internalizzato all’interno della cellula; il materiale estraneo viene processato negli endosomi  e viene   scisso  dalle proteasi in peptidi; poi gli endosomi si fondono  con le vescicole del Golgi  che contengono le molecole HLA di classe 2°: ciò consente il legame di tali peptidi con le molecole HLA di classe 2°: si formano delle vescicole che si fondono  con la membrana   cellulare ed espongono  il complesso peptide-HLA di classe 2°: tale complesso peptide-HLA  viene riconosciuto dal linfociti TH CD4; la PREESNTAZIONE   dell’antigene prevede il legame del peptide antigenico con le molecole  HLA  di  classe 1° o 2°;  tale processo  non determina  uno schiattamento della cellula,  non  è  un qualcosa di   anomalo.  Tale  PRESENTAZIONE e PROCESSAZIONE  si  possono  definire come un passaggi  aspecifici; invece  l’evento successivo,  ovvero  RISPOSTA LINFOCITARIA conseguente  alla  presentazione   dell’antigene  si può definire un passaggio specifico:  il fenomeno della   presentazione  permette il riconoscimento specifico  di un  antigene da parte di un  linfocita altrettanto specifico.  Quindi l’antigene prima di essere   presentato, va processato: occorrono circa  dieci giorni per  realizzare  tale  processazione. La cellula dendritica durante questi 10 giorni deve realizzare una risposta che è  sempre aspecifica e questo serve a tamponare una situazione che  è rischiosa: è pericoloso  infatti  avere  un qualcosa di estraneo dentro l’organismo, non perché è  estraneo, ma perché una malattia può insorgere nel caso in cui anche solo una piccola parte di tale agente estraneo viene letto; durante questi dieci  giorni circa la situazione di pericolo va tamponata,  in maniera  aspecifica, non individuale, mettendo in atti una serie di processi di natura infiammatoria,   che prendono il nome di immunità innata: innata perché agisce a prescindere o indipendentemente dall’individuo. L’immunità primaria o aspecifica  mette in  moto   sempre gli stessi meccanismo,  non valuta caso per caso e  non ne avrebbe nemmeno il tempo.   La  cellula dendritica costituisce la vera cellula infiammatoria perché è in grado di muoversi verso l’antigene e quindi di processarlo  e  presentarlo, così da permettere una lettura da parte del linfocita; il batterio esiste  solo se viene letto da qualcuno; se viene eliminata tale capacità di lettura, per esempio  grazie ad un rimedio omeopatico,  il batterio non esiste più.  

…Le molecole  HLA  consentono  la presentazione degli antigeni  all’esterno della membrana dell’epitelio  delle mucose; è al momento della presentazione che il linfocita specifico viene attivato; alla ATTIVAZIONE   del  LINFOCIT  segue  un riconoscimento  dell’antigene nel contesto delle molecole HLA: questo comporta la citotossicità, ovvero la comparsa  della malattia; per  esempio può verificarsi uno  sfaldamento  dell’epitelio della mucosa  al quale seguono fenomeni  infiammatori a cascata.  Una  cellula infiammatoria, come la cellula dendritica, intercetta l’agente infettivo, lo interiorizza, lo processa e lo presenta all’esterno  della  sua membrana  nel contesto delle molecole HLA: in un tale contesto, l’antigene legato quindi all’HLA  può essere riconosciuto da un linfocita specifico; il legame dell’HLA  col peptide antigenico  è qualcosa di estremamente   aspecifico: ciò si verifica attraverso  dei residui aminoacidici  chiamati residui ancora, che sono aminoacidi sempre uguali, ripetitivi, identici per diverse molecole  proteiche: quello che viene letto  nell’ambito  della molecola  HLA  non è la sequenza del peptide, ma la massa del peptide  attraverso residui ancora  che sono sempre  gli stessi;   estremamente  specifico è il  legame che   si   viene a formare tra antigene e recettore del linfocita T.

… La cellula presentante   l’antigene  è una cellula che è in grado di presentare l’antigene   solo dopo  che   è  avvenuta   la   processazione  dell’antigene; inizialmente si tratta di cellule dendritiche, macrofagi  o monociti;   nelle fasi  successive la cellula che presenta  l’antigene è una cellula organo specifica, è la cellula bersaglio dell’agente infettivo.

… L’antigene viene presentato  al mosaico di linfociti T circolanti, vergini: se è presente, e di solito è presente, un linfocita T vergine predisposto per la lettura di quell’antigene si attua il riconoscimento ed il legame di tale linfocita T vergine con l’antigene  appena   presentato; tale legame  determina l’attivazione del linfocita e quindi la sua clonazione.

. La risposta da parte dei linfociti è molto lenta: quindi la processazione dell’antigene che avviene  prima della sua presentazione richiede tempo. Un individuo   è  in  grado  di legare, processare e presentare un antigene  solo se è   predisposto, ovvero se  è suscettibile ad una determinata  malattia: l’antigene viene sempre presentato, ma se non ci sono molecole  HLA non si determina  nessuna  risposta, ovvero nessuna attivazione linfocitaria:  il recettore della   cellula T riconosce   l’antigene solo  nell’ambito  delle molecole HLA; una risposta linfocitaria tipica  si sviluppa in una settimana, massimo due settimane.

…Un   SUPERANTIGENE  agisce entro pochi minuti  ed  è in grado di provocare una espansione policlonale  di tutti i linfociti  attivati, compresi quelli autoreattivi:  questo  è  il  fenomeno  dell’aggiornamento  e dell’aggravamento  delle malattie autoimmuni. 

… I   linfociti   attivati, ovvero in grado di  riconoscere  l’antigene, si legano a tale antigene attraverso le molecole HLA, le quali funzionano   da stabilizzatori  di legame; ogni linfocita è programmato per riconoscere un singolo antigene,  attraverso un legame debole,  ma se non ci sono molecole HLA  non succede nulla,  ogni processo si spegne.

.  I  linfociti   che   non  sono   attivati  da un antigene  muoiono e poi vengono ricombinati: è del tutto casuale la ricombinazione genica alla base del TCR.